La quietanza, più comunemente chiamata ricevuta di pagamento dell’affitto, è il documento che chiude il ciclo mensile di un rapporto di locazione, certificando in modo inequivocabile che il conduttore ha versato il canone pattuito e che il locatore lo ha incassato. Nonostante la sua apparente semplicità, la ricevuta svolge funzioni centrali sia sul piano civilistico sia su quello fiscale: tutela l’inquilino da richieste reiterate, dimostra al proprietario la regolarità del rapporto, costituisce prova per eventuali agevolazioni tributarie e, soprattutto, rappresenta l’adempimento di un obbligo giuridico che la legge impone al locatore ogniqualvolta il conduttore gliene faccia richiesta.
Indice
- 1 Cos’è la ricevuta di pagamento dell’affitto
- 2 A cosa serve la ricevuta d’affitto
- 3 Come si compila la quietanza di pagamento
- 4 Marca da bollo e profili fiscali
- 5 Obbligatorietà della ricevuta e forme di pagamento
- 6 Pagamento in contanti e limiti di legge
- 7 Affitti in nero e ricevuta di pagamento
- 8 Conseguenze della mancata emissione
- 9 Quietanza liberatoria e modello operativo
- 10 Questioni frequenti e criticità applicative
- 11 Conclusione
Cos’è la ricevuta di pagamento dell’affitto
Nel nostro ordinamento la quietanza non ha una forma vincolata, ma deve contenere, in quanto dichiarazione liberatoria, tutte le informazioni idonee a individuare senza equivoci le parti, l’immobile, l’importo incassato e il periodo cui si riferisce. Essa si inserisce nel dettato dell’articolo 1199 del codice civile, secondo cui il creditore, una volta adempiuto, è tenuto a rilasciare quietanza. In ambito locativo ciò si traduce nel dovere del proprietario di attestare che il conduttore ha saldato il rateo mensile o comunque la somma dovuta. La ricevuta assume natura di prova documentale a favore dell’inquilino, il quale potrà opporla, ad esempio, a un eventuale atto di intimazione di sfratto per morosità promosso in errore dal locatore.
A cosa serve la ricevuta d’affitto
Oltre a bloccare per sempre la pretesa creditoria di quel determinato canone, la ricevuta consente al proprietario di dimostrare, in sede di dichiarazione dei redditi, l’effettività di quanto percepito, evitando così contestazioni sull’occultamento di basi imponibili. Dal punto di vista dell’inquilino, invece, il documento diventa strumento imprescindibile per chiedere contributi comunali, per usufruire delle detrazioni Irpef previste dalla legislazione vigente o anche per comprovare la puntualità dei pagamenti qualora desideri in futuro ottenere un mutuo o affittare un altro immobile. L’importanza probatoria è tale che la Cassazione, con orientamento costante, reputa la ricevuta idonea a sostituire la prova testimoniale, poiché cristallizza in maniera certa l’avvenuto versamento.
Come si compila la quietanza di pagamento
Nella pratica quotidiana i proprietari utilizzano blocchetti prestampati reperibili in cartoleria o, più spesso, modelli digitali personalizzati. In qualsiasi formato la si rediga, la quietanza di pagamento affitto deve menzionare con chiarezza il nome, il cognome e il codice fiscale del locatore, gli estremi anagrafici dell’inquilino, l’indirizzo dell’appartamento o del locale commerciale, il numero e la data di registrazione del contratto, la causale che collega la somma al canone di un preciso mese o periodo, il netto corrisposto e la data di effettivo pagamento. È indispensabile che il proprietario sottoscriva con firma autografa o digitale sicura; in assenza di sottoscrizione la quietanza non produce gli effetti liberatori. La regola non lascia spazio a deroghe: quando l’inquilino salda in contanti e chiede quietanza, il locatore deve fornirgliela immediatamente, redatta in duplice copia perché entrambe le parti ne abbiano una.
Marca da bollo e profili fiscali
La normativa sull’imposta di bollo, fissata dal d.P.R. 642 del 1972, impone di apporre un contrassegno da due euro su ogni quietanza non assoggettata a Iva che superi l’importo di 77,47 euro. Poiché il canone di locazione ordinario non rientra in un regime Iva e di regola supera tale soglia, la marca è quasi sempre necessaria. L’obbligo di procurarla grava sull’inquilino, mentre il proprietario è responsabile di applicarla sul suo esemplare, datarla e annullarla con firma o timbro. Omessa apposizione comporta sanzioni da una a cinque volte l’imposta stessa, solidalmente a carico di entrambe le parti: un rischio tanto più rilevante se la ricevuta dovesse essere esibita in sede fiscale. Restano invece esenti dal contrassegno le ricevute riferite a spese condominiali, poiché tali esborsi non costituiscono corrispettivo del godimento di un bene.
Obbligatorietà della ricevuta e forme di pagamento
In tempi recenti la prassi bancaria ha ridotto l’uso del contante, alimentando l’idea che la ricevuta serva solo quando si paghi cash. Ciò non corrisponde al dettato normativo: l’obbligo esiste sempre, indipendentemente dalla modalità di versamento, perché la ricevuta è un diritto del debitore e un dovere del creditore. Il bonifico, la carta prepagata o l’assegno offrono sì una traccia del movimento di denaro, ma non chiariscono a quale mensilità si riferisca il pagamento; la quietanza, invece, specificandolo, evita dispute su eventuali acconti o ritardi. Il locatore può certamente accludere alle proprie scritture la disposizione bancaria e considerarla ricevuta implicita, tuttavia se l’inquilino pretende un documento separato non può rifiutarlo.
Pagamento in contanti e limiti di legge
L’evoluzione dei limiti al contante ha inciso anche sul mondo locativo. Dal 2023, la soglia per i trasferimenti fra soggetti diversi è stata portata a 5.000 euro, ben superiore a molti canoni annuali; pagare in contanti l’affitto mensile resta dunque lecito, purché non si ecceda il tetto fissato. Va però ricordato che i canoni saldati con mezzi tracciabili sono condizione indispensabile per ottenere le detrazioni Irpef sugli affitti studenti o lavoratori fuori sede. Inoltre, qualora le parti scelgano il regime fiscale della cedolare secca, il pagamento tracciato agevola i controlli del Fisco e riduce l’esposizione a contestazioni. L’utilizzo di contanti resta perciò possibile, ma meno vantaggioso sotto il profilo tributario.
Affitti in nero e ricevuta di pagamento
Talvolta il contratto non viene registrato, con la conseguenza che l’affitto è cosiddetto in nero. In questa ipotesi la quietanza non perde la propria utilità: la sua emissione, pur non sanando l’evasione a monte, produce comunque prova dell’avvenuto pagamento e può costituire indizio di locazione ai fini dell’accertamento fiscale. Da un lato il locatore potrebbe evitare di rilasciarla temendo di creare tracce documentali; dall’altro l’inquilino rimarrebbe privo di tutela, a meno che non agisca notificando all’Agenzia delle Entrate un’istanza di registrazione “in proprio” ai sensi dell’articolo 17 del d.P.R. 131/1986. In quella sede la ricevuta potrebbe trasformarsi in mezzo di prova decisivo per dimostrare l’esistenza del rapporto e ottenere un contratto registrato d’ufficio con canone stabilito dall’autorità.
Conseguenze della mancata emissione
Se il proprietario si rifiuta di rilasciare la quietanza, il conduttore può dapprima diffidarlo per iscritto, assegnandogli un termine congruo. Decorso inutilmente, potrà adire il giudice di pace e domandare un provvedimento che lo condanni a emettere la ricevuta o, in alternativa, a riconoscere giudizialmente l’avvenuto pagamento. Sul piano fiscale, il locatore rischia l’accertamento induttivo dei redditi di fabbricati, a maggior ragione se egli ha optato per la cedolare secca e non è in grado di esibire quietanze a sostegno delle somme dichiarate. Le sanzioni pecuniarie per omessa quietanza si sommano a quelle per violazione dell’imposta di bollo, creando un quadro di responsabilità decisamente più oneroso del semplice rilascio del documento.
Quietanza liberatoria e modello operativo
In molte regioni un accordo territoriale o l’associazione di categoria mettono a disposizione fac‑simile di quietanza già predisposti, spesso in formato pdf compilabile. Il modello standard richiama in apertura i dati identificativi delle parti, prosegue con la descrizione dell’immobile, fa riferimento al contratto registrato presso l’Agenzia delle Entrate, indica l’importo ricevuto specificando se include oneri accessori, menziona la marca da bollo ed esplicita che con il presente documento il locatore dichiara di nulla avere a pretendere per il periodo considerato. Una formulazione conclusiva precisa che la ricevuta ha effetto liberatorio ai sensi dell’articolo 1199 c.c. e viene redatta in duplice originale. La marca da bollo, datata e annullata, campeggia accanto alla firma del proprietario, sigillando così la validità fiscale del documento.
Questioni frequenti e criticità applicative
Molti inquilini si chiedono se la banca possa sostituire la ricevuta con la semplice contabile di bonifico. La risposta è negativa: la contabile è prova del trasferimento di denaro ma non certifica quale debito sia stato estinto. Un’altra preoccupazione ricorrente riguarda l’eventuale emissione retroattiva di più quietanze se, per anni, il locatore non le ha mai rilasciate. Ciò è possibile, purché le date riportate riflettano fedelmente i periodi di riferimento; in caso di controlli, un documento con data attuale che attesti pagamenti avvenuti in passato potrebbe essere considerato mendace se non accompagnato da evidenze bancarie. Vi è poi il dubbio sulla necessità di marca da bollo per canoni frazionati in più bonifici nello stesso mese: è l’importo complessivo del canone a rilevare, non la somma dei singoli addebiti, sicché se il totale eccede 77,47 euro la marca resta dovuta.
Conclusione
La ricevuta di pagamento dell’affitto, lungi dall’essere un mero pezzo di carta, è presidio di legalità, strumento di tutela reciproca e requisito per accedere a vantaggi fiscali. Il suo rilascio puntuale, completo di marca da bollo quando necessario, consente al proprietario di dimostrare la correttezza tributaria e all’inquilino di provare l’adempimento. Anche in presenza di affitti in nero, la quietanza può diventare prova determinante per far emergere il contratto. Ignorare questo adempimento espone a sanzioni economiche e a contenziosi che spesso costano più del tempo impiegato a compilare due righe e apporre una firma. Una gestione scrupolosa delle quietanze, archiviata in ordine cronologico e coerente con i movimenti bancari, rappresenta pertanto la migliore garanzia per un rapporto locativo sereno, trasparente e conforme alle norme vigenti.