Potare l’olivo significa dialogare con una pianta che accompagna la storia agricola del Mediterraneo da millenni e che, per tradizione, è considerata simbolo di resilienza e pace. Ogni intervento di potatura dovrebbe quindi rispettarne la fisiologia naturale, governando la vigoria dei rami senza stravolgere la silhouette che ne fa un monumento vivente dei paesaggi collinari e costieri. Il fine ultimo non è soltanto estetico, ma produttivo: un olivo ben potato consente di mantenere equilibrata l’alternanza di crescita vegetativa e fruttificazione, riduce l’incidenza di parassiti grazie alla miglior circolazione dell’aria e semplifica le operazioni di raccolta, agevolando l’ingresso di luce nelle zone interne della chioma.
Indice
Ciclo biologico e obiettivi della potatura
Capire quando intervenire richiede la conoscenza del ciclo biologico annuale della pianta. L’olivo inizia a differenziare le gemme a fiore durante l’estate, tra luglio e agosto, quando l’albero registra la disponibilità idrica e termica dell’annata che sta per concludersi. In autunno indirizza riserve e ormoni verso il legno di un anno, destinato a dare frutti l’anno successivo. Di norma i rametti che hanno un anno di età si riveleranno i più produttivi, mentre quelli di due o tre anni saranno meno fertili o, in caso di eccesso di vegetazione, addirittura sterili. Da qui deriva la logica della potatura: mantenere un equilibrio tra rami giovani, portatori di gemme fertili, e legno più vecchio, che sostiene la struttura e favorisce la penetrazione di luce. Il potatore deve quindi perseguire tre obiettivi simultanei: rinnovare costantemente la chioma, evitare che l’albero diventi troppo alto o folto e conservare una distribuzione armonica dei carichi di frutti per ridurre l’alternanza di produzione, fenomeno noto come “vecchio e nuovo”.
Periodi consigliati: potatura di produzione e di riforma
La finestra temporale più adatta agli interventi di produzione si colloca in genere tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, quando il rischio di gelate tardive è ormai minimo ma la pianta non ha ancora avviato la piena attività vegetativa. In Italia centrale questo periodo corrisponde spesso al mese di marzo, mentre in zone costiere del sud può iniziare già a febbraio e prolungarsi fino ad aprile nelle aree con clima collinare o continentale. Una potatura eseguita troppo presto espone i tagli a possibili danni da freddo, mentre un intervento tardivo, in piena fioritura o dopo l’allegagione, può ridurre la produzione dell’anno in corso e indebolire le riserve dell’albero. In casi di oliveti abbandonati o soggetti a forte invecchiamento entra in gioco la cosiddetta potatura di riforma, più drastica e distribuita su due o tre stagioni consecutive, da programmare preferibilmente all’inizio della primavera per offrire all’albero il periodo vegetativo più lungo possibile nel quale ricacciare nuovi germogli. Nei climi particolarmente miti esistono potature verdi estive leggere, mirate solo a correggere eventuali risucchi di linfa o a eliminare succhioni vigorosi, ma si tratta di interventi limitati, da eseguire con mano leggerissima per non stressare la pianta in fase di indurimento del nocciolo.
Tecniche di taglio e forme di allevamento
Le forme di allevamento variano a seconda dell’età dell’olivo, della cultivar, della densità dell’oliveto e delle esigenze di meccanizzazione. La più diffusa in Italia è il vaso policonico, dove tre o quattro branche principali si aprono come ventagli verso l’esterno e reggono coni di vegetazione discendenti dal centro alla periferia. In questo sistema lo scopo dei tagli è sfoltire la parte interna, ridurre l’altezza e stimolare l’emissione di rami di un anno lungo le porzioni illuminate della struttura. Il gesto potatorio, a livello pratico, inizia con l’eliminazione dei succhioni basali e dei polloni che emergono dal tronco, prosegue con la rimozione dei rami secchi o afflitti da patologie e si concentra infine su selezione, accorciamento o “ritorno” di quelli più vigorosi, assecondando la modulazione naturale tra apice e base. In collina si preferiscono tagli di ritorno che lasciano sempre una gemma rivolta verso il basso, per contenere l’altezza. Nei superintensivi meccanizzati, dove la macchina raccoglitrice impone pareti produttive compatte, prevale la forma a siepe con potature più frequenti ma superficiali, mirate a rinnovare ogni anno un velo di rami laterali. Indipendentemente dalla forma, i tagli devono risultare netti, leggermente inclinati per favorire lo sgrondo dell’acqua piovana e mai troppo vicini alla gemma destinata a proseguire la crescita, evitando così disseccamenti e infezioni da cicloconio.
Strumenti e sicurezza
La potatura dell’olivo richiede utensili affilati e adeguati allo spessore del legno. Le cesoie manuali a lama bypass sono perfette per diametri fino a due centimetri, mentre seghetti a trazione giapponese o motoseghe leggere si riservano ai tronchetti più grossi. La recente diffusione di forbici elettriche a batteria ha semplificato il lavoro sulle varietà dalla chioma fitta, ma è essenziale mantenere le lame perfettamente affilate e pulite con disinfettanti a base di alcol o ipoclorito tra alberi diversi, per evitare trasmissioni di patogeni. L’operatore deve adottare guanti antitaglio, occhiali protettivi e, quando lavora in quota, imbracature e piattaforme sicure: cadere da un albero di cinque metri, scenario tutt’altro che raro negli oliveti secolari, può causare traumi molto gravi. La velocità non deve sopravanzare la precisione: un taglio mal orientato richiede anni per essere corretto.
Gestione post potatura e cura dell’albero
Dopo il taglio, l’olivo entra in una fase di cicatrizzazione che si avvantaggia di clima asciutto e temperature miti. In caso di tagli superiori ai cinque centimetri di diametro, specialmente su piante adulte, è prudente applicare mastici cicatrizzanti contenenti rame o propoli che limitino l’ingresso di funghi. La somministrazione primaverile di un concime organo‑minerale ricco di azoto sosterrà l’emissione di nuovi germogli, mentre un’irrigazione di soccorso nei mesi più caldi ridurrà lo stress idrico e favorirà la robustezza dei ricacci. È consigliabile monitorare nei due anni successivi la distribuzione dei nuovi rami: se la crescita si concentra solo su un lato, occorrerà bilanciare con micro‑interventi correttivi invernali, affinché l’equilibrio vegeto‑produttivo resti omogeneo attorno all’asse centrale.
Errori comuni e come evitarli
Il difetto più frequente è la potatura eccessiva eseguita in un solo anno, che priva la pianta di troppe foglie e innesca un’esuberanza di succhioni verticali, inutili alla fruttificazione e, anzi, affamati di linfa. A questo si aggiunge il taglio a “testa di salice”, un mozzamento indiscriminato delle branche al livello di un anello che produce rami deboli e attaccati con angoli stretti, facili prede del vento e delle nevicate. Altra svista ricorrente è l’utilizzo di seghe non disinfettate che veicolano la rogna dell’olivo, malattia batterica subdola e di difficile contenimento. Infine, potare a ridosso della fioritura compromette i germogli già differenziati: la pianta perde potenziale produttivo e si ritrova con ferite da cicatrizzare in un periodo di forte richiesta energetica.