La cromolitografia è una tecnica che rende possibile la stampa di piccole immagini, caratterizzata da un basso costo e dalla buona applicabilità per stampe in grandi tirature. La sua natura di stampa a colori è ben resa dallo stesso termine, un composto derivante dal greco chroma (colore), lithos (pietra) e graphia (disegnare). Tale tecnica ha avuto un peso fondamentale nell’ambito della stampa a colori, anche e soprattutto in quanto ha posto le basi per ulteriori tecniche, come la fotografia e la serigrafia. Ciononostante, in origine, essa veniva utilizzata fondamentalmente a scopi decorativi di diversi oggetti.
In questa particolare tecnica di stampa, il supporto di stampa è costituito da una pietra, su cui vengono disegnate figure con una matita grassa. L’analisi del procedimento della cromolitografia consente di comprendere appieno il suo rapporto di stretta parentela con la litografia: la procedura volta ad inumidire la matrice, per esempio, è assolutamente analoga, insieme al conseguente utilizzo di inchiostro mediante un rullo in pelle o caucciù, materiali ancora una volta mutuati dalla prassi litografica.
Caratteristicca rispetto alla litografia è però quella dell’utilizzo di una differente matrice per ogni differente colore, il che garantisce l’utilizzo di una varietà cromatica notevole, unita ad un rischio praticamente nullo di un risultato poco definito nei contorni.
Come detto in precedenza, alle porte del XX secolo la cromolitografia venne progressivamente abbandonata, a favore di più moderne e funzionali tecniche come la fotografia. Ciononostante, per la naturale vischiosità che tali tecniche presentano, il passaggio dall’una all’altra fu tutt’altro che repentino, per cui stamperie artigianali sopravvissero a lungo. Tra i maestri di tale tecnica è impossibile non ricordare Jules Chéret, il quale per primo si servì di tale tecnica a scopi pittorici.